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Apuleio
Metamorfosi (l'asino d'oro), VII, 25
 
originale
 
25. Tunc quidam viator solitarium vagumque me respiciens invadit et properiter inscensum baculo quod gerebat obverberans per obliquam ignaramque me dicebat viam. Nec invitus ego cursui me commodabam relinquens atrocissimam virilitatis lanienam. Ceterum plagis non magnopere commovebar quippe consuetus ex forma concidi fustibus. Sed illa Fortuna meis casibus pervicax tam opportunum latibulum miseria celeritate praeversa novas instruxit insidias. Pastores enim mei perditam sibi requirentes vacculam variasque regiones peragrantes occurrunt nobis fortuito statimque me cognitum capistro prehensum attrahere gestiunt. Sed audacia valida resistens ille fidem hominum deumque testabatur: "Quid me raptatis violenter? Quid invaditis?" "Ain, te nos tractamus inciviliter, qui nostrum asinum furatus abducis? Quin potius effaris ubi puerum eiusdem agasonem, necatum scilicet, occultaris?" Et illico detractus ad terram pugnisque pulsatus et calcibus contusus infit deierans nullum semet vidisse ductorem, sed plane continatum solutum et solitarium ob indicivae praemium occupasse, domino tamen suo restituturum. "Atque unitam ipse asinum", inquit "quem numquam profecto vidissem, vocem quiret humanam dare meaeque testimonium innocentiae perhibere posset: profecto vos huius iniuriae pigeret." Sic adseverans nihil quicquam promovebat. Nam collo constrictum reductum eum pastores molesti contra montis illius silvosa nemora unde lignum puer solebat egerere.
 
traduzione
 
Ma ecco che un viandante vedendomi vagare tutto solo e senza padrone mi afferr?, mi salt? lesto in groppa e, picchiandomi col suo bastone, mi men? per una via traversa che non conoscevo. Io, dal canto mio, ce la mettevo tutta a correre pi? che potevo visto che soltanto cos? potevo evitare l'orribile mutilazione della mia virilit?; quanto alle frustate ero cos? abituato ormai a prenderle regolarmente che quelle non mi facevano punto impressione. Ma la Fortuna, ostinandosi contro di me mand? in malora con fulminea rapidit? quella provvidenziale occasione e architett? nuove trappole. I miei pastori, infatti, che stavano battendo quella zona alla ricerca di una loro giovenca che s'era smarrita, per caso s'imbatterono in noi e, riconoscendomi immediatamente, mi presero per la cavezza e fecero per trascinarmi con loro. ?Ma perch? mi fate violenza? perch? mi derubate?? cominci? a gridare il mio cavaliere, cercando coraggiosamente di opporre resistenza e invocando a testimoni gli uomini e gli dei. ?Ah, s?, eh? Ora siamo noi a trattar male te, che ci rubi l'asino e ce lo porti via? Perch?, invece, non ci dici cosa ne hai fatto del ragazzo ch'era con l'asino? L'hai ucciso? E dove l'hai nascosto?? e scaraventatolo a terra cominciarono a tempestarlo di pugni e di calci, a pestarlo ben bene nonostante che egli giurasse e spergiurasse di non aver visto alcun asinaio ma che s'era appropriato soltanto di un asino libero e tutto solo per giunta, con l'intenzione di restituirlo al padrone per averne una mancia. ?Magari potesse parlare quest'asino (ah, non l'avessi mai visto!): vi testimonierebbe la mia innocenza e voi vi pentireste dell'offesa che mi fate.? Ma le sue preghiere non valsero a nulla. Quei violenti gli legarono una corda al collo e lo trascinarono su per la montagna nel folto del bosco, l? dove il ragazzo era solito andare a far legna.
 

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